Le streghe di Germania

Caterina Percoto
(da "Scritti friulani", Libreria Editr. Aquileia, Tolmezzo, Udine)

Quasi nel mezzo della vallata di S. Pietro, sopra il villaggio di Cercivento, si vede una montagna erbosa he chiamano la Tenca. Sulla cima c'è un praticello di forma circolare, dove è fama che un tempo venissero a ballare le streghe di Germania. Capitavano ogni giovedì la mattina all'alba prima che sonassero  le campane di San Nicolò di Poluzza. Vestite di bianco, con un velo rosso sulle trecce bionde, avvolte sulla testa  come un manipolo di canapa, venivano portate da una fila di nuvolette d'oro e d'argento, e volavan giù di montagna in montagna fin dove nasce la But. Sul bordo della gran fontana, dove l'acqua, frangendosi sui massi, forma come una pioggia di inute goccioline simili a farina o minuto nevischio, si lavavano la faccia e i piccoli piedini, e poi con le loro mani fresche e di rosa si spettinavano la chioma, che lasciavano cadere in onde dietro le spalle.
Qualche volta il sole, più furbo di quello del loro paese, attraverso le creste della montagna veniva a sorprenderle prima che avessero terminato di sciaguattarsi o la campana di S. Nocolò suonava la mattina più presto del solito, e allora dovevano tornare indietro ai loro antri nativi. Ma più spesso messo in seno un mazzolino di rosei ciclamini volavano sul praticello della Tenca, dove in grande allegrezza erano già ad aspettarle le streghe della Carnia e quelle del Friuli. Dall'alto della Specola di Cabrà, da quella montagna verde e a precipizio, che sta sopra Cedargis e che fa angolo tra la But e il Chiarsò, si potevan vedere ballare insieme e baciarsi come tante sorelle, e dove toccavan i veli e i loro agili piedini, il prato fiorire all'istante, e il giorno dopo il praticello della Tenca apparivan tutto dipinto a strisce rosse, azzurre, bianche, gialle, tanti eran i ciclamini i gigli e le campanule che coprivano la terra. Dicono che anche Silverio, quel dannato che frantuma la montagna di fronte al Moscardo, col cappello e col farsetto color di rosa montava sul dirupo per salvaguardale.
Sull'ora di mezzogiorno per rinfrescarle si levava su dal mare un venticello gentile che, traversata la pianura, a cavallo della But, squassando le ali bianche, mormorando e baciando ad una ad una le ondate che gli venivano incontro, saliva fin lassù in cima al monte. Quel venticello, alla stessa ora viene su ogni giorno per la vallata di S. Pietro; ma nel praticello della Tenca non ballan più le streghe. Invece Silverio batte più che mai la montagna; quando ha fatto una grossa maceria di sassi, si precipita giù nella But, e in forma di porco torna su al lavoro. La campana di S. Nicolò, mossa dal vento, suona ora verso la mezzanotte, e quei rintocchi malinconici e misteriosi paiono il rumore di una catena.
Le nostre streghe spaurite corrono  a nascondersi nelle caverne del Cucco, o sul Cèaul, o fra i picchi dirupati del Sornio.
Quelle di Germania, vestite a lutto, con le trecce disfatte giù per le spalle, siedono sul confine e piangono l'antica amicizia perduta.

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