La fiaba
Carlo Tenca
(da "Opere scelte", Hoepli, Milano)
O insiem col sogno nata, gènita dal mistero, arte gentil di fata che trasfiguri il vero e avvolgi in luminosa nebbia ogni salda cosa,
dove fuggisti, o antica regina dei conviti, dea delle veglie, amica dei casalinghi riti? Chi t'ha involata ai cari crocchi, ai loquaci lari?
Fanciullo anch'io t'intesi, grata festosa fola, agli ansii cuor sospesi ridir la tua ancor le lievi ali fra noi movevi.
Dov'eri scesa, un riso tutte vistìa le cose, tacean del mesto in viso vinte le cure o ascose, e di portenti ordita nuova parea la vita.
Col bambinel, col vecchio al focolar seduta, mescevi al pronto orecchio la tua sapienza arguta, e quanti udir le notti da te ricordi e motti!
Quanti da te creati vaghi fantasmi e strani si mescolar plasmati coi nudi eventi umani. quanta agli ingenui petti fonte d'ignoti affetti!
Sui rovi allor del mondo il tuo fulgor si stese, nel fantasiar giocondo l'umil pensier si accese, fiamma per tempo desta che ai tardi giorni resta.
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