LEGGENDE

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La leggenda DELLE CROCI

Giuseppe Zoppi

" In questo paese, io non posso proprio vivere più": tale era, per così dire. Il ritornello più frequente nei discorsi e, più ancora, nei soliloqui di Veronica, una povera vedova di Lumino, la quale, dal giorno che le era morto il marito, la pace non la conosceva più, nemmeno di nome. Essa aveva bene una figliuola di nove o dieci anni: Mariuccia; ma questa, non che aiutare la mamma a disbrogliarsi nelle cose della terra, non sembrava pensare ad altro mai che al cielo: nella sua cameretta, si era costruito un altarino su cui si ergeva una statuetta della Madonna; i libri devoti, rosari, immagini sacre, erano la sua unica passione. In altre circostanza, la madre se ne sarebbe forse rallegrata, essendo anche essa molto mite, senza mai un lampo di sdegno negli occhi grigi, quasi quasi le faceva stizza: le sembrava che uno dei punti deboli della sua vita, lo avesse proprio e sempre lì, in casa sua. 
Fuori di casa, poi, in tutto il paese, non c'era forse nessuno, a sentirla lei, che non le avesse giocato qualche brutto tiro. La peggiore delle sue nemiche era una certa Martinina, una donnettuccia magra come un picchio, che viveva sola in una casa fuori di mano, sceglieva sempre per lavorare un luogo dove quel giorno non ci fosse anima viva, e a quanto dicevano, girava di notte a perpetrare furti e altri malefizi. Nella sua stalla, la povera Veronica aveva trovato una volta la sua mucca più morta che viva dalle legnate; nel suo fienile, un'altra volta, tre o quattro rastrelli col manico spezzato in due; nel pollaio, un bel mattino, una gallina di meno, e le altre arruffate e spaventate come se avessero visto un lupo: cose tutte di cui essa incolpava "la peggior strega di questo paese", senza però nominarla più apertamente, e terminando sempre con queste parole : " Il male che mi ha fatto quella lì, lo sanno soltanto il diavolo e lei". Per non parlare delle altre donne di Lumino. Le quali, sempre secondo lei, erano poco di buono, essa non aveva certamente più stima degli uomini, e nemmeno di quelli che erano stati amici di suo marito: l'uno peggio dell'altro: o falsi, o prepotenti, o ladri. Tonio, per recarsi a far legna nel bosco, le tagliava in due il suo poderetto con un sentiero che diventava ogni giorno più largo; Camillo, ogni volta che essa irrigasse il suo prato, ne deviava apposta l'acqua, oppure ve ne faceva affluire tanta da sommergerglielo tutto: il sindaco, poi, quello era un Giudeo; Un Caino: per convincersene, bastava gettare uno sguardo sulle bollette dell'imposta, l'una più salata dell'altra, che egli redigeva due volte all'anno con una gioia feroce. Ma quello che a Veronica sembrava il peggiore di tutti, era il giudice di pace: un omettino tutto sale e pepe nei capelli come nell'anima, il quale , non contento di darle torto in ogni questione, finiva sempre col riderle in faccia peggio di un monello; "bel tipo il giudice, davvero" diceva essa talvolta, "proprio uno di quelli che, se possono scorticare gli innocenti, gli orfani e le vedove, ci gongolano;; uno che solo a vederlo , mi fa venire in mente quello che diceva il mio povero marito una volta che era stato a lavorare nella valle di Lugano: che, in quei paesi, quando uno ha bevuto tanto e poi tanto che rotola dalla strada nella cunetta, e dalla cunetta nei campi e nelle vigne, dicono che è ubriaco come la Giustizia"
Siccome questo stato di cose, lungi dal migliorare, accennava, a peggiorare sempre più, Veronica decise di andarsene da quel paesaccio, e di rifugiarsi, con le robe e le bestie, sul monte Saurù, un'ora e mezzo di strada sopra Lumino, dove aveva una casupola e una stalla. "Starò lassù l'estate e l'inverno, alla maniera dei romiti" diceva "Non scenderò, se non per quei pochi giorni che vi saliranno loro, ed eviterò con cura di incontrarli e di guardarli in faccia; pe le provviste e per ogni altro bisogno, andrò a San Vittore, ed Arbedo, anche a Bellizona, se occorre; ma non da loro. Così, se Dio vuole, vivrò finalmente tranquilla". Venuta la primavera, cominciò difatti a radunare le sue robe, a mettere da una parte quelle che avrebbe portate con sé, dall'altra quelle che per ora avrebbe lasciate lì: insomma si preparava sul serio al trasloco. La figliuola la aiutava di buon grado, secondo il solito ma con poca convinzione.
- Lassù non c'è nemmeno la chiesa, mamma: come faremo a vivere? -
- Il Signore c'è dappertutto - ribatteva Veronica - e tu sai bene che qui io non posso proprio stare più. -
Una mattina d'aprile si incamminarono dunque su per il sentiero che conduce a Saurù. Innanzi andava la madre, china sotto una enorme gerlata di roba, con in mano un cesto in cui erano stipate le galline. Poi veniva la figlia, anch'essa con una sua merletta sulle spalle un cesto in mano. Dietro di loro, si tirava su, passo passo, piuttosto di mala voglia, una loro vaccherella grigia e magra. Nei campi intorno, gli altri contadini lavoravano in pace; si sentiva nell'aria dorata, il "sac-sac" delle forbici che tagliavano la vigna; di tempo in tempo, qualcuno cantava. Gli uccelli discorrevano tra loro con quella vivacità, rapida un po’ folle, con cui i bambini si raccontano saltando le loro cose. I ciliegi erano in fiore.
La piccola comitiva arrivò ben presto a una cappella che si trovava, e si trova tuttavia, un cento o duecento metri sopra il paese. Davanti all'immagine della Madonna, mamma e figlia si fermarono un momento a riposare; e recitarono tre Ave Marie, come facevano sempre. Poi la piccola depose innanzi alla Vergine un mazzo di fiori che aveva colto apposta prima, nei prati. Intanto la loro mucca, arrivata anch'essa sullo spiazzo che è intorno alla cappella, ne pasceva così avidamente l'erba nuova che il campano le saltava sul collo, tintinnando più gaio e forte che mai.
Tutto a un tratto, la ragazza che si era voltata a dare un ultimo sguardo al paese, cominciò , con il braccio teso e gli occhi sbarrati, a gridare:
- Guarda, mamma , guarda, guarda…-
Ma che cos'hai, Marinuccia ? … Che cosa vedi? - domandava quella, avvicinandosele tutta premurosa.
- Ma non vedi, non vedi mamma? -
continuava con veemenza la piccola, accennando sempre il paese che si stendeva, con le sue case e le sue stalle, ai loro piedi.
- Ma no, io non vedo proprio niente, la mia cara figliola. -
- Oh mamma, mamma, come è mai possibile che tu non veda?… Sopra tutte le case, c'è su una croce… -
Veronica, sorpresa di queste parole, guardò meglio, aguzzando gli occhi; ma non vide nulla, e domandò:
- E sopra la nostra? -
- Anche sopra la nostra, - rispose la figliuola. - c'è su una croce; ma molto più piccola di tutte le altre.-

Allora Veronica capì il senso della visione che la sua Mariuccia aveva meritato di avere; e dopo un momento di riflessione, e un lungo sguardo alla Madonna che sembrava sorriderle e farle coraggio, se ne tornò giù, e riaprì la sua casa; e , da quel giorno in poi visse sempre in pace, rassegnata al male, che nessuno poté, né potrà mai cacciare dal mondo, pensosa soltanto di non farne lei agli altri.


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