LEGGENDE

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ITALIANO

Il Pettirosso

Selma Lagerlov

(da "Anime nordiche", novelle danesi e scandinave scelte da G. Peyretti, Sansoni, Firenze)

Era in quel tempo, quando Nostro Signore creò il mondo, quando creò non soltanto il cielo e la terra, ma anche tutti gli animali e le piante, e in pari tempo distribuì i nomi.
Esistono molte storie di quel tempo, e se si sapessero tutte avremmo anche la spiegazione di tutte le cose del mondo che or non si possono comprendere.
Fu allora che un giorno, mentre Nostro Signore stava a sederi in Paradiso a dipingere gli uccelli, venne a mancare il colore su la tavolozza di Nostro Signore, così che il picchio sarebbe rimasto senza colore se Nostro Signore non avesse ripulito tutti pennelli sulle sue penne.
E fu allora che l'asino acquistò le sue orecchie lunghe, perché non si ricordava il nome che aveva ricevuto. Lo dimenticò appena ebbe fatto alcuni passi sui prati del Paradiso e tornò indietro tre volte a domandare come si chiamava, finché Nostro Signore s'impazienti un pochino e prendendolo per le orecchie disse: - Il tuo nome è asino, asino, asino -
E nel dirlo gli allungò le orecchie perché gli venisse l'udito migliore e ricordasse, quello che gli si diceva.
Fu nello stesso giorno che l'ape fu punita. Perché appena fu creata incominciò a raccogliere miele, e gli animali e gli uomini, che si accorsero del dolce profumo del miele, vennero ad assaggiarlo. Ma l'ape voleva conservare tutto per sè e con le sue punture velenose scacciava tutti quelli che si avvicinavano all'alveare.
Nostro Signore vide e chiamò a sè l'ape e la punì.
- Io ti ho dato la facoltà di raccogliere il miele che è ciò che la creazione ha di più dolce, - disse Nostro Signore, - ma non per questo ti ho dato il diritto d'essere cattiva col tuo prossimo. E ora ricordati: ogni volta che pungerai qualcuno che vorrà assaggiare il tuo miele, tu morrai! -
Già, fu allora che il grillo divenne cieco e la formica perse le sue ali; accaddero tante cose straordinarie in quel giorno.
Nostro Signore, grande e mite, era seduto tutto il giorno a creare e a formare, e verso sere gli venne in mente di creare un piccolo uccello grigio.
- Ricordati che il tuo nome è pettirosso! - disse Nostro Signore all'uccello quando fu pronto. Lo depose sulla palma della sua mano e lo fece volare.
Ma dopo che l'uccello ebbe fatto un piccolo volo ed ebbe ammirata la bella terra sulla quale doveva vivere, gli venne voglia dì mirarsi. Allora vide che era tutto grigio e che il petto era, grigio come tutto il resto. Il pettirosso si voltò e rivoltò specchiandosi nell'acqua, ma non potè scoprire neppure una penna rossa.
E cosi l'uccello rivolò da Nostro Signore.
- Perchè! debbo chiamarmi pettirosso; se son tutto grigio? -
domandò di nuovo l'uccello, e aspettò che Nostro Signore gli dicesse: - Ah, amico mio, vedo che ho dimenticato di dipingere in rosso le penne del tuo petto, ma aspetta solamente un momento e sarà fatto. -
Ma Nostro Signore sorrise soltanto e disse: - Ti ho chiamato pettirosso, e pettirosso ti chiamerai, ma cercherai da te il mezzo di meritarti le tue penne rosse. -
E così Nostro Signore alzò la mano e lasciò che l'uccello rivolasse per il mondo.
L'uccello volò in paradiso con molti pensieri. Che Cosa poteva fare un uccellino come lui per procurarsi delle penne rosse?
L'unica cosa che gli venisse in mente fu di fabbricarsi il nido in mezzo ai prunai. Egli s'annidò fra le spine nel folto della macchia. Pareva stesse aspettando che una foglia di rosa gli si attaccasse al petto e gli desse il suo colore.

***

Un numero infinito d'anni erano trascorsi dà quel giorno che fu il più bello sulla terra. D'allora in poi gli animali e gli uomini avevano abbandonato il paradiso e si erano sparsi sulla terra. E
gli uomini erano giunti al punto d'imparare a lavorare la terra e a navigare sul mare, si erano  fatti abiti e utensili; da molto tempo avevano già imparato a fabbricare grandi templi e città potenti, come Tebe, Roma e Gerusalemme. -
Spuntò un giorno nuovo che non doveva esser mai più dimenticato nella storia del mondò e all'alba di quel giorno l'uccello pettirosso era posato su un piccolo colle nudo fuori le mura di Gerusalemme e cantava per i suoi piccini che si trovavano nel piccolo nido in mezzo ai bassi cespugli di spine.
- L'uccello pettirosso raccontava ai suoi piccini il giorno meraviglioso della creazione e la distribuzione dei nomi: cosi aveva raccontato ai suoi piccini,- ogni pettirosso dal primo in poi, che aveva udito la parola di Dio ed era uscito dalla mano di Dio.
- E ora vedete, - concluse tristamente il pettirosso , - tanti anni sono passati, tante rose sono sbocciate, tanti piccoli uccelli sono sgusciati dalle uova dal giorno della creazione in poi, che non c'è nessuno capace di contarli, ma il pettirosso è ancora un uccellino grigio. Ancora non è riuscito a conquistarsi le penne rosse. -
I piccini spalancarono, i piccoli becchi e domandarono se gli antenati non avevano cercato di compiere qualche grande opera per conquistare il prezioso colore.
- Abbiamo fatto tutto quello che abbiamo potuto, - disse l'uccellino, - ma siamo stati tutti sfortunati. Già il primo pettirosso, una volta, incontrò un altro uccello che gli rassomigliava completamente, e subito si mise ad amarlo con un amore così violento da sentirsi arroventare il petto. Ah, pensò allora, adesso comprendo.
Nostro Signore vuole che io ami con tale ardore. che le penne del mio petto abbiano a tingersi di rosso per il caldo d'amore che ho nel cuore. Ma egli s'ingannava, così come si sono ingannati tutti gli altri dopo di lui e Come c'inganneremo anche noi. -
I piccini cinguettarono tristamente, incominciavano già ad affliggersi perché la tinta rossa non avrebbe adornato i loro piccoli petti coperti di peluria.
- Abbiamo anche sperato nel nostro canto, - disse l'uccello vecchio parlando con toni prolungati. - Già il primo pettirosso cantava così; il petto dall'entusiasmo gli si gonfiava, ed egli ritornava a sperare. Ah, pensava, la fiamma del canto che ho nell'anima, tingerà di rosso le penne del mio petto. Ma s'ingannava, come si sono ingannati tutti gli altri dopo di lui, come c'inganneremo anche noi. -
Si sentì di nuovo un triste cinguettio uscir dalle gole mezze nude dei piccini.
- Abbiamo anche sperato nel nostro coraggio e valore - disse l'uccello, - Già il primo pettirosso si batté valorosamente con gli altri uccelli e il suo petto s'infiammò dal piacere di combattere.
Ah, pensò; le penne dèl mio petto si tingeranno di rosso per la gioia della lotta che arde nel mio cuore. Ma s'ingannò, come si sono ingannati tutti gli altri dopo di lui, come c'inganneremo anche noi. -
I piccini cinguettarono coraggiosamente che volevano ancora tentare di conquistare il premio tanto ambito, ma l'uccello rispose tristamente che era impossibile. Che cosa potevano sperare quando tanti antenati così bravi non erano riusciti a raggiungere la mèta?
Potevano fare di più che amare, cantare e lottare? Che cosa potevano....
L'uccello si fermò in mezzo alla frase, perché da una delle porte di Gerusalemme usciva una gran quantità di gente e tutta la folla si dirigeva verso il colle dove l'uccello aveva il suo nido.
C'erano dei cavalieri su destrieri superbi, servi con lunghe lance, assistenti del boia con chiodi e martelli, v'erano sacerdoti dall'incedere dignitoso, e giudici, donne piangenti, e davanti a tutti una massa di popolo che correva selvaggiamente, un accompagnamento orrendo, ululante di vagabondi.
L'uccellino tremando stava sull'orlo del suo nido. Temeva ad ogni istante che il piccolo cespuglio di spine venisse calpestato e i suoi piccini rimanessero uccisi.
- State in guardia, - gridò ai piccini inermi, - state tutti vicini e state zitti! Ecco un cavallo che viene proprio su di noi!
Ecco un guerriero coi sandali ferrati! Ecco tutta la folla selvaggia! -
Ad un tratto l'uccello smise di gettare i suoi gridi d'allarme e tacque. Dimenticò quasi il pericolo sovrastante.
Improvvisamente saltò giù nel nido, e allargò le ali sopra ai piccini.
- No, è troppo tremendo, - disse. - Io non voglio che voi vediate. Sono tre malfattori che vengon crocifissi -
E allargò le ali affinché i piccini nulla potessero vedere. Udirono soltanto dei colpi di martello rimbombanti, grida di dolore e gli urli selvaggi della folla.
Il pettirosso seguì tutto lo spettacolo con gli occhi che si dilatavano dal terrore. Non poteva allontanare gli sguardi dai tre infelici.
- Come gli uomini sono crudeli! - disse l'uccello dopo un momento, - non si accontentano d'inchiodare quei poveretti sulle croci, no, sulla testa di uno hanno anche posto una corona di spine.
Lo vedo che le spine hanno ferito la sua fronte così da fare scorrere il sangue, - continuò. - E quell'uomo è così bello e si guarda attorno con sguardi così dolci che ognuno deve sentire d'amarlo. Mi pare, che una freccia mi stia trafiggendo il cuore nel vederlo soffrire. -
Il piccolo uccello sentiva crescere la sua compassione per l'incoronato di spine.
- Se io fossi mia sorella l'aquila, - pensò - strapperei i chiodi dalle sue mani e con i miei forti artigli scaccerei tutti coloro che lo fanno soffrire. -
Egli vide il sangue gocciolare sulla fronte del Crocifisso e non poté più star fermo nel suo nido;
- Benché non sia che piccolo e debole, pure debbo poter fare qualche cosa per questo povero martoriato, - pensò l'uccello:
e allargò le ali e volò via per l'aria, descrivendo larghi giri intorno al Crocifisso.
Gli volò intorno parecchie volte senza ardire d'avvicinarsi, perché era un uccellino timido, che non aveva mai osato avvicinarsi ad un uomo. Ma un po' per volta si fece coraggio; volò molto
vicino e col becco tolse una spina che si era piantata nella fronte del Crocifisso.
In quel mentre una goccia di sangue del Crocifisso cadde sul petto dell'uccello. Si allargò rapidamente, colò giù e tinse tutte le pennine delicate del petto. Ma il Crocifisso aperse le labbra e sussurrò all'uccello: - Per la tua pietà ora avrai quello che la tua razza ha desiderato sempre da quando fu creato il mondo.
Poco dopo, quando l'uccello ritornò al suo nido, i piccini gridarono: - Il tuo petto è rosso, le penne del tuo petto sono più rosse delle rose!
Non è che una goccia di sangue della fronte di quel pover'uomo - disse l'uccello. - Scomparirà, appena farò il bagno in un ruscello o in una limpida sorgente. -
Ma quando l'uccellino fece il bagno la macchia rossa non scomparve dal suo petto, e quando i suoi piccini divennero grandi, la tinta rossa splendeva anche sulle penne dei loro petti, come d'allora in poi splende sul petto e sulla gola di ogni pettirosso.


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