La larva e la rana
Margaret Scott
(da "La natura insegna", Carabba, Lanciano)
(Trad. M. Viani Visconti Cavanna)
Quanto non darei per sapere che ne sia
della Rana allorché abbandona questo mondo e dispare senza lasciar traccia di
sé, sino a che - plaffete! - ricade fra noi nel punto in cui meno la si
aspetta. Se qualcuno lo sa, me lo dica, di grazie!
Era una larva giovanetta di Libellula quella che faceva quel discorso, senza
smettere per altro la caccia intrapresa in frotta con le compagne, fra le erbe
sul fondo dello stagno.
Era delizioso quello stagno, posto proprio sul bel mezzo di un bosco, e
circondato da alberi alti e folti che vi si riflettevano dentro come in uno
specchio; inghirlandato di canne e di "Non ti scordar di me" che
sembravano vivere una doppia vita, tanto netta e spiccata si piangeva la loro
immagine nell'acqua.
- E che importa a noi della Rana? - rispose un'altra larva più anziana. - Il
suo modo di fare ti riguarda forse?
- Pensa a procacciarti il nutrimento - aggiunse un'altra, e lascia che ognuno
badi ai fatti suoi!
- Ma io sono curiosa di saperne qualcosa - insistette la prima. - Quando una di
voi mi passa accanto, io la vedo; e se talvolta non vi vedo più so che siete
nascoste fra l'erba, ma che ci siete ancora; ma non è molto ho seguito una
rana mentre saliva, saliva... ad un tratto, si è avvicinata alla riva, ed è
scomparsa! Credete voi che abbia lasciato il mondo e la vita? E che cosa può
esservi al di la?
I pesciolini bianchi e argentati che l'udivano, la guardavano così un pò di
traverso, senza dir nulla: a parlar franco, essi non ne sapevano una iota più
di lei, ma non volevano lasciar scorgere la propria ignoranza. Quanto alle
anguille, alla menoma richiesta sparivano nel fango, e chi s'è visto, s'è
visto: le anguille non si prestano facilmente a far conversazione con
gl'indiscreti. La larva giovinetta perdeva la pazienza; a poco a poco era
riuscita a comunicare la sua curiosità anche a qualche altra larva della sua
stessa età; esse si dettero a percorrere in tutti i sensi lo stagno,
tormentando il prossimo con le loro strane domande.
Ed ecco che sul più bello si ode un gran rumore, ed una grossa Rana giallastra
piomba giù nel mezzo dello stagno presso il luogo dove le larve tenevano il
loro conciliabolo.
- Interrogate lei, la Rana! - disse ironicamente un pesciolino che tosto guizzò
via.
Il consiglio non era cattivo, ma il difficile stava nel metterlo in pratica, giacché
la Rana giallastra era un personaggio molto imponente agli occhi di
tutta quella popolazione di larve: ci voleva un coraggio a tutta prova per osar
domandare proprio a lei, dove se ne andava, di dove veniva, e che faceva nel
mondo di là! Poteva darsi che considerasse la cosa come una impertinenza
e che se n'avesse a male.
Ad ogni modo, un'occasione simile non si sarebbe forse presentata mai più, e
non conveniva perderla. La larva giovinetta curiosa si mise da prima a girare
intorno ad uno stelo di Ninfea, poi, prendendo il suo coraggio a due zampe,
s'accostò all'anfibio, dicendo col tono più umile che seppe trovare:
- Sarà egli concesso ad una miserabile creatura quale io mi sono, di rivolgervi
la parola? -
La Rana, stupefatta, al fissò coi suoi due occhi grossi grossi e tondi tondi,
cerchiati di una striscia d'oro, e rispose:
- Le creature miserabili farebbero bene a tacere: io non apro bocca se non
quando sono felice.
- Ma, parlando, potrei forse esser felice io pure! - disse l'altra vivacemente.
- E voi parlate! a me che importa?
- Ma... o Rana rispettabilissima, gli è che vorrei chiedervi una cosa...
- Chiedete. -
Il tono con cui venne pronunciata quella parola non era, per dir vero, de' più
incoraggianti, ma ad ogni modo la grazia era stata concessa.
Il tono con cui venne pronunciata quella parola non era, per dir vero, de' più
incoraggianti, ma ad ogni modo la grazia era stata concessa.
- Che cosa c'è al di là di questo mondo? - disse tutto d'un fiato la larva,
tremante di commozione.
- E... di qual mondo intendete parlare? - rispose la Rana facendo girare i suoi
grossi occhi sporgenti.
- Ma... di questo... del nostro mondo!
- Di questo stagno, volete dire; - esclamò ll'altra in tono sdegnoso e
sprezzante. - Andiamo, via, voglio contentarvi; al di là di questo mondo c'è
la terra. -
Un istante di silenzio.
- Si può nuotare nella terra? - chiese, timida , e dubbiosa la larva.
- Non crederei! - rispose l'altra ridendo. - Piccina mia, la terra non è simile
all'acqua; anzi è proprio l'opposto.
- E che cosa è, dunque?
- Fra tutte le creature curiose in cui mi sono imbattuta, voi siete senza dubbio
la più curiosa! ed anche la più noiosa. La terra, carina mia, rassomiglia un
pochino alla mota che sta sul fondo dello stagno; ma non è come essa molle ed
inzuppata, purché non c'è acqua lassù.
- Non c'è acqua? E che c'è dunque?
Ecco il punto... Qualche cosa c'è di certo, qualche cosa che chiamano aria,
tutto all'intorno... ma come descrivervi e spiegarvi questo qualche cosa? La mia
opinione personale eccola; L'aria è un non so che, il qual non assomiglia a
nulla. Avete capito?
- Pochino - rispose la larva esitando.
- Sapete che siete un bel tipo, voi? Perché non vi contentate di ciò che
conoscete? Il voler sapere tutto è follia. Pure, siccome non posso fare a meno
di ammirare il vostro ardire, veramente meraviglioso in un'esile personcina come
la vostra, voglio farvi una proposta: salitemi sul dorso, ed io vi condurrò
sulla terra. Badate peraltro, che io considero un tale esperimento come molto
imprudente,e ve lo propongo soltanto per contentarvi; sotto la vostra
responsabilità.
- Accetto, accetto con gratitudine! - gridò l'altra piena d'entusiasmo.
- Allora, lasciatevi calare piano piano sul mio dorso, abbrancatevi ben
bene alla mia pelle, perché se sdrucciolaste, non ci sareste più al momento
buono, quando io uscirò dall'acqua. -
La larva obbedì e la Rana si pose a nuotare con precauzione fino alle canne che
sorgevano presso la riva dello stagno.
- Tenetevi bene attaccata! - gridò: poi messo il capo fuori dall'acqua,
cominciò ad arrampicarsi, e spiccò un salto fino sull'erba.
- Ci siamo! - disse - Che ve ne pare della terra? -
Ma nessuno rispose.
- Come! Non c'è più! Me l'aspettavo; si sarà lasciata scivolare giù, quella
sciocchina. Peccato! Ma che colpa ne ho io? Basta, aspettiamo; forse la si
ingegnerà a trascinarsi fino all'orlo dell'acqua, ed io potrò aiutarla ad
uscire fuori. -
E la Rana si mise a saltellare qua e là, guardando fra le canne, se mai
comparisse l'amica.
E intanto, questa, dov'era e che faceva? La non si era mica lasciata scivolar
giù scioccamente dal dorso della Rana, tutt'altro!
Aveva fatto anzi ogni sforzo per rimanervi attaccata; ma, nel punto in cui la
sua testa cominciò a spuntar fuori dall'acqua, si sentì mancare, ed un colpo
violento la rigettò nel fondo dello stagno come fulminata; e passò un po' di
tempo prima che potesse riaversi.
- Che orrore! - gridò appena fu tornata in sè. - Al di là di questo
mondo non c'è che la morte. La Rana mi ha ingannata; è impossibile che essa se
ne vada in un luogo simile e che ci viva! -
Dopo tale conclusione la larva riprese le occupazioni solite; la curiosità
s'era alquanto calmata, ma non era del tutto spenta; ed essa si sentiva sempre
piena di coraggio.
Pel momento si contentò di narrare alle compagne la sua terribile avventura, e
quelle ne rimasero oltremodo commosse; la novità, il mistero, il pericolo, lo
scioglimento inaspettato, che avrebbe anche potuto essere una vera catastrofe,
ma più che altro la sparizione inesplicabile della Rana, tutto ciò contribuiva
a destare in quei piccoli esseri ingenui un interesse palpitante. In
un lampo la
larva esploratrice fu circondata, intervistata; ed era un coro generale di
domande, di esclamazioni. Giunta la sera, cessata la caccia, la nostra larva se
ne tornava, stanchissima, e sempre più intontita, a casa sua, quando si vide di
fronte la grossa Rana gialla, tranquillamente seduta sopra una pietra, in fondo
allo stagno.
- Come? siete qui? - esclamò stupita la larva. - Non avete lasciato questo
mondo? Voi vi siete presa giuoco di me! Ecco che cosa si guadagna a fidarsi
degli stranieri!
- Voi ragionate nel modo più illogico e più impertinente! -
rispose gravemente la Rana. - Pure vi perdono. Voler trovare cortesia e criterio
in una bestiolina appena sbozzata, quale voi siete, sarebbe voler cavar sangue
da una rapa. Ci scommetto che voi non vi figurate nemmeno l'inquietudine
orribile che m'assalì quando, uscendo dall'acqua, non vi trovai più! Perché
non tenervi ben aggrappata, come vi avevo tanto raccomandato? Già voi altri
spiriti inquieti, che volete saper tutto, conoscer tutto, siete sempre fatti ad
un modo: la prima difficoltà subito vi fa perdere la bussola!
- voi mi accusate ingiustamente! - rispose l'altra stizzita...
Stavano per bisticciarsi sul serio... Per buona sorte la Rana, con magnanimità
più unica che rara, invitò la larva a narrare la sua storia ed a scolparsi
della sua enorme storditaggine.
La storia venne raccontata e la Rana l'ascoltò con grande attenzione.
Dunque - conchiuse alla fine l'insetto - essendo ormai riconosciuto e constatato
che al di là di questo mondo non v'ha che la morte, tutti i vostri pretesi
viaggi non sono che un'impostura; quando scompariste fu certo per nascondervi in
qualche luogo che non volete far conoscere. -
- Niente affatto - rispose la Rana e narrò allora come si fosse trattenuta a
lungo sulle rive dello stagno nella speranza di veder ricomparire l'amica, ma
invano; poi disse:
- Peraltro, se non mi riuscì di trovar voi, m'accadde invece di vedere qualcosa
che deve interessarvi, e vi tocca da vicino.
- E che cosa è? - chiese ansiosa la larva la cui stizza era lì per lì già
svanita.
- Vidi una larva della vostra specie che lenta lenta si arrampicava lungo lo
stelo verde e lucido di un giunco; giunta al pelo dell'acqua, ne uscì e si
arrestò lì, sul giunco, in piena aria, in faccia al sole. Ciò mi stupì
assai, perché conosco la vostra preferenza pel fondo umido e poco illuminato
dello stagno; rimasi quindi ad osservarla, curiosa ed intenta, e vidi... ma non
saprei spiegar bene come avvenisse una cosa simile!... Vidi, o almeno mi
sembrò vedere, come una grande spaccatura lungo il corpo di quell'animaletto;
poi, da quel corpo spaccato, a poco a poco, con grandi sforzi, uscire, svolgersi
una di quelle creaturine leggiadri, brillanti, che svolazzano in quell'aria di
cui altre volte vi ho parlato; creaturine di bellezza che si chiamano Libellule.
Quel nuovo essere trasse fuori dalla fredda ed inerte spoglia, che stava per
abbandonare, quattro alucce ripiegate e madide, che sotto i raggi del sole ben
presto si asciugarono, si spiegarono, riflettendo la luce nel loro tessuto
finissimo e iridescente. Quanto tempo durasse quella metamorfosi, non saprei
dire; ero troppo attonita dalla sorpresa e dall'ammirazione per poter rendermene
conto. Ma so bene che vidi la bella creaturina librarsi in quelle alucce di
velo; intesi il loro fremito nell'aria, vidi il corpicciuolo snellissimo lanciar
riflessi verdastri e azzurrini mentre l'insetto svolazzava a cerchio sulla superficie
dell'acqua... E allora, piena di gioia, pensai a voi e mi tuffai di nuovo nello
stagno per darvi la novella meravigliosa. -
La Rana tacque, e per qualche istante fu silenzio.
- Sarebbe vero? - mormorò infine la larva - La cosa è tanto sorprendente!
- E vorreste dubitare ancora, diffidare? >
- No, no; vorrei credere... Voi pensate dunque che la creaturina leggiadra,
snella e raggiante da voi veduta, sia stata in origine una larva, una larva al
par di me? Ma come...
- Io non penso nè spiego nulla; vi ho narrato fedelmente ciò che ho veduto;
fatene il vostro prò! Fede e Speranza sono cose assai grandi, piccina mia! -
E si separarono.
***
- ... Prometticelo! - dicevano alcune
vocine supplicanti.
- Ve lo prometto! - fu la risposta.
- Proprio davvero?
- Sul mio onore! -
Ma la voce che dava quest'ultima risposta era debole e stanca.
La nostra antica conoscenza, la larva curiosa, ardita e chiacchierina, si
sentiva malata ed in preda ad una singolare agitazione. Le sue membra avevano
perduto l'antico vigore, uno strano senso d'oppressione gravava su di lei; gli
insetti, suo pasto abituale, passavano ora incolumi al suo fianco; le erbe
acquatiche sulle quali aveva amato tanto riposare, le facevano schifo; ma che!
perfino l'acqua, l'acqua nella quale era nata, in cui guizzava sì rapida,
pareva ora soffocarla. Le bisognava salire, salire sempre; quell'istinto nuovo
dominava ora tutti gli altri e la spingeva come fatalità. Allora ripensò
alla strana istoria narratale dalla Rana e si sentì tutta commossa e fremente
all'idea che fosse giunto per lei il momento supremo, la soluzione del fatale,
oscuro problema.
Le amiche, i parenti le erano d'intorno; coetanee alcune, più giovani altre,
perché
nate in quello stesso anno, ma, tutte sue discepole, dividevano con lei
le speranze e gli entusiasmi; e tutte avrebbero voluto aiutarla, sostenerla in
quell'ora desiderata e terribile. Ma nulla potevano fare, nulla,
fuorché
sperare. Ed essa, alle ardenti preghiere, aveva risposto con una solenne
promessa: "Se la speranza comune di una futura e splendida vita si fosse
realizzata per lei, sarebbe venuta a darne loro la certezza!"
- E se ci dimenticate? - gridò una larva giovinetta presa da timore.
- Dimenticarvi? - rispose l'altra sempre più fievolmente.
- Dimenticare la nostra vita di quaggiù, le gioie, le ansie, gli affetti di
tutta una esistenza? Giammai!
- E se non poteste più tornare?
- Non può darsi! - ma la vocina si affievoliva ognor più.
- Ad essere gloriosi e perfetti quali saremo, nulla d'impossibile!
Addio, addio, non posso rimanere più a lungo; mi rivedrete, ve lo giuro, sotto
forma novella e più... -
La voce si spense; i movimenti dell'insetto eran lenti e penosi; a stento essa
riuscì ad arrampicarsi sopra lo stelo di un giunco; alcune larve più audaci
tentarono seguirla nella speranza di assistere a qualche meraviglia. Ma non
videro nulla.
Nell'istante in cui la larva, uncinandosi con le zampine allo stelo, uscì
dall'acqua per entrare in quell'altro ambiente nuovo ed ignoto, l'aria, le sue
compagne cessarono di vederla; i loro occhi destinati a funzionare nel liquido
elemento, divenivano impotenti una volta oltrepassato il limite di quello.
Triste e mortificata, la piccola schiera ridiscese sul fondo dello stagno.
Tutto ciò accadeva verso la metà del giorno, quando il sole, giunto alla
maggiore altezza. dardeggiava raggi infuocati; ma venne la sera, venne la notte,
e le larve che aspettavano, dapprima confidenti ed ansiose, poi, dubitose ed
inquiete, cominciarono a disperare.
- Essa ci ha dimenticate! - diceva l'una.
- E' morta! - soggiungeva un'altra.
- Tornerà, tornerà! - sostenevano alcune ostinandosi a credere e a sperare. Ma
per quanto aspettassero, per quanto nei giorni seguenti si arrampicassero su pei
giunchi o lungo le foglie delle Ninfee, non videro mai nulla, nè ebbero mai la
memoria novella dell'amica perduta; si che, alla fine, anche le più fidenti si
sentirono demoralizzate.
-
Perché
parlarci di tali cose? - esclamavano amaramente.
-
Perché
riempirci il capo di simili idee? Una volta eravamo felici; ora la
vita ci è diventata insopportabile. Meglio non parlarne , non pensarci più! -
Ma poco dopo, ecco una delle sorelle della larva perduta si dirige verso il
gruppo di compagne che stavano per incamminarsi alla solita caccia. I suoi occhi
brillavano in modo strano; aveva i movimenti convulsi, la voce commossa.
- Amiche - disse - voi lo sapete, io ero una delle sorelle, e la prediletta, di
quella cara che non è più tra noi; essa non torna .
- Come potrebbe tornare se non è più? Quella seconda vita è un'illusione.
- Non torna! - ribattè l'altra con forza, - ma io sento che vado a
raggiungerla! A raggiungerla, o in quell'altra vita da lei tanto bramata, o
nella morte, nel nulla! Sento, come già lei, il bisogno di salire; ma prima di
lasciarvi, vi rinnovo la grande, la solenne promessa; se le nostre speranze non
ci ingannano, ritornerò! -
E cominciò a salire, a salire; giunta al pelo dell'acqua si uncinò tenacemente
ad uno stelo di "Non ti scordar di me!" e sparve. Le altre,più tristi
che mai per quel nuovo distacco, ritornarono sul fondo.
Poi trascorsero le ore ed i giorni nella stessa penosa alternativa di trepide
speranze, di dubbi sconfortati, di amare delusioni.
Anche quell'amica, quella sorella, non tornava, le aveva dimenticate; certo
quella seconda vita era illusione, era sogno! Al di là del loro mondo subacqueo
non c'era che il vuoto, la morte, il nulla! Ah! se avessero saputo! Se il loro
sguardo avesse potuto spingersi solo per un istante, al di là di quel mondo
umido e scuro, all'aperto, in piena luce! Ma allora la Fede non sarebbe più
Fede, la Speranza non sarebbe più Speranza!
Ma la prima larva divenuta Libellula, s'era dunque davvero dimenticata la sua
promessa! Aveva proprio scordato le sorelle e le amiche? Nello schiudersi ad una
vita novella, le si era forse spento in cuore ogni affetto, ogni ricordo, ogni
dovere?
Oh no! Anzi la ci pensava di continuo a quelle sue care rimaste laggiù, e si
crucciava per loro; in mezzo alle corse più vagabonde, essa ritornava senza
posa ai confini di quello stagno, di quel mondo che per lungo tempo era stato
pure per lei il vero, l'unico mondo. Ma anche ora, anche in quella esistenza
più nobile ed elevata, una ineluttabile necessità governava ogni suo atto. Il
mondo aereo le apparteneva, ma quello acqueo le era chiuso per sempre.
Quando , spinta dall'affetto e dal desiderio, essa tentava rituffarsi, un urto
violento, quasi mortale, la respingeva; essa sentiva, al contatto dell'acqua,
quella repulsione invincibile che, larva, aveva provato al contatto con l'aria;
e le sue ali frementi la trasportavano, senza che essa lo volesse, lungi lungi
da quell'elemento che non era più il suo.
Vicina così, ma divisa da' suoi cari, amandoli sempre, desiderosa sempre più
di rivederli, essa si librava a lungo a lungo al disopra delle acque.
Il suo affetto fedele non rimase peraltro senza ricompensa; un giorno essa vide
apparire l'amica, la sorella diletta, e l'accolse con indicibile trasporto di
tenerezza. Le due Libellule, riunite, continuarono a librarsi sulle acque dello
stagno, aspettando, affrettando col desiderio l'arrivo delle altre compagne.
E quando una nuova larva si innalza ed esce dal pelo del liquido, è fra tutte
le Libellule un'agitazione gioconda, uno svolazzare festevole, un fremer d'ali
trepido e commosso! Le si vedono roteare, quelle leggiadre creaturine, e
allontanarsi, e lanciarsi come freccie; tornare, incrociarsi fulgide,
iridescenti sotto i raggi del sole. Si ripetono giubilanti la lieta
novella; ed è tutta un'ebbrezza di vita e di felicità. E i raggi del sole,
compiacendosene, si rispecchiano in spazzi lucenti, in stelle fuggevoli, anche
sulla superficie di quelle acque dormienti, rischiarando per un istante le
profondità dello stagno... Ah se le larve che sono là sotto lo sapessero! Se
noi pure sapessimo!... Ma allora la Fede non sarebbe più Fede, la Speranza non
sarebbe più la Speranza!
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