RACCONTI

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ITALIANO

San Cristoforo

Giosuè Borsi
(da "Vita di S. Cristoforo", Treves, Milano)

Un giorno Adocimo se ne stava presso la sua capanna solo e affaticato, e si sentì pervaso a un tratto da una tristezza brutale e inesplicabile. Era un'ora afosa del pomeriggio e il caldo e la pesantezza d'una livida nuvolaglia minacciosa davano al gigante un senso di smisurata oppressione. Preso da un'inquietudine simile a quella delle fiere all'avvicinarsi dei cataclismi, si accosciò mugolando e si deterse le grosse gocce di sudore che gli imperlavano le tempie. Il fiume vicino s'era fatto un po' limaccioso e ribollente e le sue acque mutate di colore correvano con fragore insolito. A un tratto Adocimo alzò il capo e si vide dinanzi un bambino biondo che lo guardava sorridendo.

- Oh, - fece con un sussulto - e di dove seii sbucato, marmocchio?
- Voglio passare - rispose il bambino stendeendo la manina verso l'Oriente.
Senza sapere il perché, il gigante al suono di quella vocina si sentì intenerire e gli balenò alla mente, per contrasto, la figura tenebrosa di Satana presso alla ripa del mar Morto.
- Vuoi passare? Nulla di più facile, bambinoo bello - rispose con un sorriso bonario. Poi fece per accarezzarlo ma si ritenne.
- Aspettami qui - disse. Ed entrato nella caapanna ne uscì col suo fusto di palma, poi, guardando il bambinetto gentile dall'alto della sua immensa forza grossolana, disse con altro sorriso:

- Eccomi pronto a questa gran fatica. Ma tu chi sei, bambino ? E perché ti trovi qui solo?
Il bambino non rispose: guardò il fiume, poi alzò gli occhi alla mole del gigante:
- Non hai paura? - gli disse.
- Paura? E di che? Ho fatto ben  al monndo. Tu mi parrai un piuma.

E in così dire,prese il bambino sotto le braccia, lo levò alto d'un balzo contro il cielo livido e se lo recò contro il petto reggendolo sul braccio sinistro.
In questo attimo brontolò un tuono lontano e l'aria cominciò a rabbuiarsi così rapidamente che quando il gigante fu alla riva pareva che annottasse.

- Non temere, bambino - disse Adocimo - Regggiti bene al mio collo. Ahi, che acqua ghiaccia! E come corre! Dev'esser vicina la piena.
Il gigante fece quattro passi nella corrente schiumosa e l'ebbe subito a mezza gamba. Frattanto il cielo s'era fatto buio come di notte, un altro tuono rimbombò più volte nell'aria e un repentino scroscio di pioggia fustigò la faccia del filisteo, mentre un flutto violento gli investiva e gli avvolgeva le gambe salendogli fra quasi ai fianchi.
S'arrestò di botto, puntando al fondo il suo fusto che s'incurvò come un giunco alla forza dell'acqua.

- Vuoi tornare indietro? - disse al bambino - Passeremo più tardi.
- Va avanti - rispose il bambino con voce siingolarmente squillante e imperiosa.

A questa voce il gigante si aderse fieramente. Stando a gambe aperte in mezzo alla corrente, si adattò il bambino sull'omero, poi strinse i denti, puntò la sua gran mazza nel fondo e s'inoltrò.
Più s'accostava al mezzo del fiume e più gli pareva che il bambino pesasse.
Barcollando così sotto lo strano fardello, si trovò con l'acqua fino alla gola, sempre tenendosi stretto con la mancina il bambino, che oramai l'opprimeva come se fosse stato una montagna.
Intanto un terzo tuono scoppiò vicino con un fragore assordante, preceduto da un lampo palpitante e lungo. La pioggia cadeva a rovesci, l'acqua del fiume scrosciava intorno a lui e gli gorgogliava fino agli orecchi. In quel momento spaventoso gli parve che l'appoggio gli scivolasse di mano, vacillò un attimo, il peso del bambino divenne intollerabile, l'acqua gli salì fino agli occhi, un flutto gli passò sul capo. Adocimo si sentì perduto, stava per abbandonarsi, un istante ancora e l'impeto della corrente le avrebbe travolto.

- E' finita - pensò. - Gesù Cristo aiutami.

Subito l'acqua gli scese al collo ed egli poté respirare. Mosse un piede e gli parve che il declivio salisse: uno sforzo disperato e sovrumano, e l'acqua gli scese alle spalle. La pioggia cessò, mentre un baleno spesso e tremulo rischiarava per qualche momento l'orribile buio in cui brancolava il gigante ansimando. E poiché appunto in quel momento egli aveva volto con fatica la faccia irsuta e madida verso il bambino, lo poté scorgere col suo visetto placido e grazioso fisso dinanzi a sé. Gli parve anche, così  in confuso, che egli curvasse il capino ricciuto verso di lui e gli sorridesse, ma l'oscurità era tornata impenetrabile. Il tuono scoppiò lacerante, e nel lungo brontolìo che prolungò nell'aria al gigante parve di sentire quelle labbruzze accosto al suo orecchio gridargli:

- Coraggio! Tu porti Cristo!

Allora Adocimo rantolò in un anelito che sembrò l'estremo della sua vita, volle vincere, lo sperò, ne fu certo. Mosse qualche altro passo con ambascia, ed ecco l'acqua gli scese al petto e il peso enorme del bambino gli parve scemato. Si fermò anelando, trasse un ampio respiro, volse al cielo uno sguardo smarrito, l'eclisse era ormai entrato nell'ultima fase e un vago barlume trapelava e si diffondeva attraverso i nuvoli tempestosi sulle acque gonfie e sulle rive livide. il gigante mosse ancora pochi passi e il peso divenne tollerabile, l'oppressione minore, mentre una gioia ancora trepida e malcerta gli palpitava a sommo del gran petto. Ormai l'acqua gli scese ai fianchi ed aveva diminuito la sua violenza rapinosa. Il cielo schiariva sempre più. Pochi altri passi faticosi e l'acqua gli scese ai ginocchi. 

Già la riva appariva prossima e distinta, illuminata oramai dalla luce del giorno ritornato, un giorno pallido, coperto, perlaceo. Un alito tiepido passò sul fiume mentre le nuvole si accavallavano. Il bambino non gli pesava più, e gli altri passi che mosse nell'acqua furono spediti e leggeri. Finalmente il gigante poté scagliare con impeto il suo fusto inutile sulla riva ed alzò anche l'altro braccio a sorreggere bene in alto il divino e luminoso infante. L'acqua frusciava con dolcezza intorno alle caviglie del grande atleta cristiano e vittorioso. Questi correva lungo il declivio sabbioso, movendo i passi nell'acqua tra un alterno schiumeggiare soave come una musica. E lassù in cielo le ultime nuvole galoppavano come se avessero voluto gareggiare coi flutti scivolanti della correntia ampia. Uno squarcio d'azzurro si svelò, poi un altro.


I dorsi delle nuvole fuggenti si accesero d'oro, l'ultimo nuvolo passò, il sole splendè vittorioso, in penombra, brillò ancora e fece scintillare gli ultimi spruzzi sull'asciutto.
Egli salì la riva di qualche passo mentre il suo ampio torace ansante si dilatava in un empito di giubilo, depose il fanciullo ridente, cadde in ginocchio e curvò la fronte a terra.
Quando la sollevò, il bambino era scomparso.


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