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ITALIANO

La signora luna aveva una figlia

Onorato Fava

(da "L'isola del silenzio", Bemporad, Firenze)

La signora luna aveva una figlia, che si chiamava Stellina. Le voleva un gran bene, perché tutte le mamme vogliono bene alle loro figliuole e poi perché Stellina era tanto buona. Aveva un visetto bianco come il latte, i capelli color d'oro e sulla sua boccuccia era sempre un sorriso dolce come il miele.
- Mamma Luna, dove vai?
- Vado a rischiarare un po' la Terra, che èè tanto scura.
- E non vi è il babbo Sole che rischiara laa Terra?
- Il babbo Sole è stanco ed è andato a dormmire.
- E perchè non va a dormire  anche la Terra ?
- Anche la Terra dorme. - rispondeva mamma Luna - ma vi sono laggiù tante creature che devono camminare la notte, che ritornano tardi dal lavoro, che si trovano in viaggio per monti e per mari. E le campagne sono buie e il mare è nero.
- E vero, mamma Luna.
- Quelle povere creature potrebbero smarrirrsi nella notte
- E' vero, mamma Luna
- Potrebbero morire di fame e di freddo nellle foreste, urtare contro gli scogli e affogare nei gorghi del mare.
 Ora capisco, mamma Luna. Perciò tu vai a rischiarare il loro cammino.
- Proprio così, bimba mia.
- Come sei buona, mamma Luna!
- E poi ci sono laggiù tante piccole creatuure, le quali non escono di giorno e aspettano che venga la notte per andare in giro. Vi sono delle farfalle, dei grillini, degli scarabei, che si vergognano di uscire alla luce del sole, perché le  loro alucce non hanno gli splendidi colori degli altri compagni loro.
Le lucciole hanno il loro lumicino sulla schiena, e bastano a se stesse, come vi sono gli uomini che hanno le loro lanterne; ma vi sono anche tante misere creaturine che non hanno il lumicino sulla schiena, che non posseggono lanterne. E' per queste che io vado in giro la notte.
- Promettimi che venga anch'io con te, mammma Luna.
-domandò la stellina.
- Ti stancherai, bimba mia. Si tratta di veegliare per tante ore di seguito.
- Tu mi descriverai tutto ciò che incontrerremo per via e vedrai che non mi stancherò.
La signora Luna aveva un gran desiderio di tenersi accanto la  sua piccina. Nei primi tempi, quando era appena nata, la metteva a dormire in una nuvoletta bianca che pareva un nido di bambagia, e se n'andava in giro; ma era sempre in grandi angustie, e quelle ore erano assai penose per lei. Per quanto si sforzasse di essere tranquilla, la sua tonda faccia non era serena come al solito, ma turbata e sconvolta dalla pena interna. Affrettava il cammino senza accorgersene, in poche ore compiva il giro del cielo e tornava a casa, ché le parevano mille anni di baciare Stellina.
Ma adesso che era più grandicella, l'avrebbe condotta volentieri con sé. Era pur necessario che uscisse  fuori  dalla sua nuvoletta e conoscesse un po' il mondo. Così il desiderio della bimba, che era anche il desiderio della mamma, fu appagato e da quella sera la signora Luna andò in giro, seguita dalla sua Stellina.
- Mamma Luna, chi è quel vecchio che camminna per quel sentiero di montagna, con un fardello sulle spalle?
- E' un contadino che è andato a raccoglierre i rami secchi nella foresta per riscaldarsi.
- Mamma Luna, chi è quel fanciullo seduto ssu quella roccia ?
- E' un piccolo pecoraio il quale sta di guuardia al suo  gregge che riposa.
- Mamma Luna, che è quella donna che dorme appiè dell'albero laggiù ?
- E' una povera madre che ha camminato tuttto il giorno ed ora si riposa per riprendere il cammino all'alba.
- Dove va, mamma Luna ?
- Va a trovare il suo figliuolo che parte pper la guerra.
- E quella gran luce laggiù ?
- E' una città illuminata. Andiamo via , Sttellina, lì non c'è bisogno di noi; lì v'è gente che non bada che a divertirsi, a suonare , a ballare e a banchettare.
- Perchè stanno così pigiati; in quelle strrette vie tra i muri di quelle case, mentre c'è tanto spazio nelle campagne ? Non ti pare che siano un po' sciocchi mamma ?
- Forse non hai torto, Stellina.
- E che cosa è quel grosso animale, con glii occhi lucenti, che cammina sull'acqua ?
- Non è un animale, quello; è un bastimentoo, carico di poveri emigranti, che vanno in un paese lontano lontano a cercar lavoro. -
E andavano, e andavano, madre e figliuola, varcando montagne e pianure.
- Che cosa fanno, mamma Luna, quegli uominii là in fondo alla valle ?
- Preparano una rete per prendere gli uccelllini. Domattina all'alba essi scenderanno giù in frotta per beccare i semi sparsi al suolo, gli uomini saranno pronti a tirare le corde e gli uccellini resteranno  presi tutti nella rete.
- E perchè li prendono ? che ne fanno ?
> - Li vendono, li mettono in certe minuscolee gabbie per sentirli cantare, ovvero li uccidono per mangiarli.
- Oh, andiamo via, mamma: non devi rischiarrarli, quei cattivi ! -
E Stellina, per non vedere, si nascondeva dietro una nuvoletta che passava.
- Dove vanno quei due bambini scalzi per quuel sentiero solitario in mezzo ai campi ? perchè non stanno a casa come gli altri bambini ?
- Vanno al villaggio vicino a comprare la mmedicina al loro babbo, che è tanto malato.
- Poveretti! Non ti pare che ti guardino peer ringraziarti della tua bella luce di argento ?
- Sicuro. E come sgambettano ! arriveranno presto a casa.. -
Stellina s'interessava di tutto: delle cose buone e  cattive, delle creature grandi e piccole che vedeva sul suo cammino, e non si stancava punto. Già, se anche si fosse sentita un po' affaticata, avrebbe avuto vergogna di dirlo alla sua mamma.
Voleva mostrarsi forte per andare ogni notte con lei. Per riposarsi aveva l'intera giornata, quando il babbo Sole era fuori.
Appena scendevano le ombre della sera, Stellina si levava  e usciva nell'azzurro del cielo ad aspettare la mamma che terminava d'abbigliarsi. Poi le si metteva a fianco e via per lo spazio, coi riccioli d'oro al vento e gli occhietti spalancati a guardar giù sulla Terra.

***

Ah, io so bene che ben poche di voi, la sera, rivolgono in su gli occhioni a guardare il cielo. Siete stanche delle occupazioni e dei giuochi della giornata e non avete più la forza di alzare le palpebre; vi gettate in un cantuccio, aspettando che la mamma vi porti al letto. La signora Luna penetra con un raggio nella  vostra cameretta, ma voi non vi curate punto di lei; chiudete gli occhi e buona notte.
Se pure qualcuna di mezzo a voi ha rivolto talora un fuggevole sguardo alla signora Luna, nessuna creatura sulla terra si accorge di lei! E invece no, ci è stata una bimba, la quale si è accorta di Stellina.
La prima volta che la bambina vide Stellina, gettò un grido di gioia e la mostrò col dito ad una suora che passava. Poiché dovete sapere che quella bimba, la quale si chiamava Bianchina , perché aveva il viso bianco come il latte , i capelli color d'oro e un sorriso dolce come il miele sulla boccuccia e pareva propio Stellina scesa in terra, stava in una casa solitaria e silenziosa, con certe piccole finestre e dei corridoi stretti e lunghi.
Era un collegio, ma non uno di quei collegi lindi, spaziosi, pieni di aria e di luce che conoscete anche voi, tenuti da brave direttrici e maestre che educano le alunne con affetto materno. Come fra tante piccine buone ve n'ha pure qualcuna cattiva, così anche fra i collegi ve n'è qualcuno misero e triste. E quello dove stava Bianchina era un collegio assai modesto e malinconico, che si trovava lontano dall'abitato, in mezzo alle montagne. Era tenuto da tre suore che passavano strisciando per le stanze senza far rumore, come ombre, coi visi severi, le quali si mettevano il dito sulle labbra, quando qualche piccina alzava un po' troppo la voce. E quelle povere creature, che non erano più di una decina, assai di rado alzavano la voce e passavano anch'esse senza far rumore per quei tristi corridoi, coi visetti pallidi e gli occhi bassi, sfiorando come pianticelle senz'aria e senza nutrimento.
- Mamma Luna - domandò Stellina la prima voolta che vide quella casa - mi hai detto che laggiù mettono gli uccellini in certe minuscole gabbie.
- Sì, Stellina.
- Ebbene, io vedo che mettono anche le bambbine nelle gabbie. Non è quella forse una gabbia di bambine ?
- Hai ragione. Vi sono anche delle creaturee che non hanno chi si prenda cura di loro e sono riunite tutte insieme in una casa comune come quella che tu vedi.
- Ma non debbono esser felici tutte quelle poverette. Perché non le lasciano libere di andare pel mondo come gli uccellini e le farfalle ?
- Perchè sono troppo piccine. Quando sarannno grandicelle usciranno fuori e andranno pel mondo. -
Stellina non fu molto soddisfatta della spiegazione e ogni notte rimaneva a lungo a guardare fra le mura di quella gabbia di bimbe. Il suo sguardo lucente finì per attirare l'attenzione di Bianchina. 
- Suor Maria, che cos'è quell'occhio che mii guarda ?
- Non è un occhio, sciocca, è la Luna.
- No, no, quel punto luminoso a fianco dellla Luna.
- E' una stella. - 
Ma alla bimba pareva che quella fosse una persona viva, e più tardi, affacciata alla finestra  della sua cameretta, salutandola con la piccola mano, le disse:
- Buona sera, Stellina. -
Stellina brillò di luce più viva e rispose:
- Buona sera , Bianchina. -
Così si rividero ogni notte.
La bimba di questa terra aspettava impaziente all'imbrunire la bimba del cielo, e quando tutti dormivano nella casa, facevano lunghe conversazioni.
- Come sei bella, Stellina! io ti voglio taanto bene.
- Anch'io ti voglio  bene, Bianchina, e verrò a trovarti ogni sera.
- Sei felice tu ?
- Sì, perché sto con la mia mamma, e vado iin giro tutte le notti e vedo tutto il mondo.
- E' grande il mondo?
- S', molto grande; vi sono montagne, pianuure popolate di fiori, città e campagne, e mari e fiumi e, tante creature grandi e piccole, che si muovono, che si amano, che si divertono. Perché la tua mamma non conduce anche te in giro pel mondo ?
- Non la conosco, io, la mia mamma. Le suorre dicono che ella mi ha condotta in questa casa per farmi educare e che verrà un giorno a riprendermi per condurmi nel mondo. E' tanto tempo che l'aspetto, ma ella non viene mai... io penso che si sia dimenticata di me.
- Non credo che le mamme si possano dimentiicare delle loro figliuole. Abbi fede ed essa verrà. -
Bianchina sospirò.
- Non sei dunque felice in codesta casa? Cii sono le altre bambine, con le quali puoi giuocare.
- Non mi piace di giuocare; e poi le suore ci sgridano, quando facciamo chiasso.
- Sono molto severe le suore ?
- Sì. Vorrebbero che stessimo sempre sedutee in un cantuccio a studiare, a cucire, a fare la calza; ci sgridano quando non sappiamo la lezione,e  minacciano sempre di chiuderci nel camerino nero, una stanza buia buia e fredda fredda.
- E non vi conducono fuori qualche volta ?<
- No, mai. Dicono che non è necessario, perrché abbiamo lì il giardino. Tu lo vedi, Stellina, che cos'è il nostro giardino: un angolo di terra chiuso in mezzo ad alti muri, dove crescono appena cinque o sei alberetti e tante ortiche che ci pungono le mani.
C'era un rosaio, che l'anno scorso ci ha dato delle piccole rose bianche, ma adesso ha perduto anche le foglie. Credo che morirà, ucciso dal freddo; perché qui fa tanto , tanto freddo, Stellina mia.
- Povera amica ! dirò domani a babbo Sole cche mandi un po' di calore nella tua cameretta, ma non voglio vederti così triste. Sorridi dunque. - 
E la bocca di Bianchina sorrise dolcemente per farla contenta. Passavano i giorni, le settimane, i mesi, e ogni sera le due bambine si vedevano e discorrevano a lungo di tante cose; poi, quando Bianchina andava a letto, mamma Luna, che amava anche lei la tenera confidente di sua figlia, la baciava in fronte con un raggio d'argento.

***

Si avvicinava l'estate ed il sole un giorno decise di varcare gli alti muri del giardino e giunse fino al rosaio, che si scosse tutto, sollevando in alto i deboli rami senza foglie, come per bere quel dolce calore.
Bianchina, la sera, diede la notizia alla sua amica.
- Il sole è venuto a riscaldare il rosaio&nnbsp; e anche le mie compagne hanno fatto festa al sole, in giardino. Io soltanto non riesco a scaldarmi.
- Abbi fede, Bianchina, e vedrai che con l''estate ti sentirai meglio.
- No, no, è la mia anima che ha freddo. Io penso che solo l'amore di mamma riesce a scaldare l'anima delle bambine. Oggi due compagne sono andate via; tornano a casa loro. COme erano felici! La mamma mia si è certamente dimenticata di me... Se tu la incontrassi pel mondo, Stellina, diglielo che la sua bimba l'aspetta e che venga presto...
- glielo dirò, non dubitare. - 
Andavano velocemente pel cielo mamma Luna e la sua piccina, guardando dappertutto, per le vie, per le piazze, nelle case, nei palazzi, nelle ville.
- Hai trovato la mia mamma ? - domandava oggni sera Bianchina alla sua amica.
- Non ancora.
- Cercala e diglielo che venga a togliermi da questa casa così triste.
- Glielo dirò non dubitare.
- Sai Stellina, - disse una sera la bimba -- l'altra notte ha fatto un sogno. Mi è parso come se tu mi avessi detto che la mamma non sarebbe venuta mai, perché si è dimenticata di me, e allora io ti ho detto: - Prendimi con te. La tua mamma sarà anche la mia, diventerò una stella anch'io e andremo insieme per lo spazio nell'azzurro, dove sei tu. Come sarei felice se potessi venire in cielo, vicino a te!
- Non dire sciocchezze, mia cara. Tu sei naata per la terra io pel cielo, e ognuno deve compiere il suo destino là dove Iddio l'ha posto. Tu diventerai grande, sarai felice e noi seguiteremo a vederci e ad amarci da lontano. -
 La bimba scrollava la testina bionda senza rispondere.
- Perché non sei scesa in giardino questa mmattina ? - chiese alcune ore dopo Stellina alla sua piccola amica. - Avresti visto una cosa che ti avrebbe fatto piacere. Il rosaio ha messo fuori tre bocciuoli nuovi.
- Davvero? E' un miracolo che ha fatto il ssole, ma per me questo miracolo non può avvenire. Stamattina non ho avuto la forza di alzarmi dal letto. Suor Maria mi ha sgridata, mi ha chiamata pigraccia, infingarda; ma io mi sento assai debole e ho tanto freddo. Sono ammalata, Stellina.
- Guarirai, sarà una cosa da nulla.
- Tu non mi abbandonerai? Verrai a vedermi sempre nel mio lettuccio? Non ha che te sola che mi voglia bene.
- Verrò ogni sera, non dubitare, e verrà annche la tua mamma. -
Ma la bimba non l'aspettava più, e quando finalmente, una mattina giunse nella triste casa una signora vestita di seta, con un gran cappello rosso e le mani inguantate , che si strinse al petto la bimba, inebriandola tutta col suo profumo, Bianchina capì che quella non era la sua mamma. Il tenero corpicino si abbandonò fra le braccia di quella straniera, ma non vi trovò il calore che scalda le anime delle bambine.
E si lasciò portare da lei, fuori dalla triste casa, in cui la sua infanzia era sfiorita, si lasciò portare lontano lontano, in un  paese pieno di aria e di luce, quaggiù a Napoli, dove il cielo è così azzurro, dove il mare è così bello.
Il visetto bianco si colorì un poco, la boccuccia si aprì al sorriso; ma quando giunse la sera ella cercò ancora la sua amica fedele, che l'aveva seguita nel viaggio sino a Napoli.
- Sei contenta ora ? - le chiese Stellina.<
- No, no, perché non è la mia mamma che mi hai mandato - rispose lei scotendo il capo. - Questa signora ha quattro bambini vispi e allegri che  le vogliono bene. Mi hanno detto che la mia mamma è morta quando io sono nata, che quella signora è la loro mamma e mi ha preso per carità. Mi hanno detto che debbo chiamarli fratellini; ma essi mi guardano come un'intrusa. Era forse meglio che mi avessero lasciata lassù. E sarebbe ancora meglio che il mio sogno si avverasse, e  tu mi  prendessi con te... - 
Il cielo azzurro e il bel m are di Napoli non riusciranno a risanare il gracile corpicino della bimba; le cure della signora, che era venuta troppo tardi, non riuscirono a riscaldare l'anima.
Così una notte, mentre tutto taceva d'intorno, ella aprì gli occhioni, vide Stellina, lassù in alto, che le sorrideva accanto alla sua mamma Luna. Un raggio giungeva sino al letticciuolo come un filo d'argento. La piccola anima si attaccò a quel raggio, e salì, salì, in alto, sempre più alto, finché riuscì a realizzare il suo sogno e potè congiungersi per sempre alla fedele sorella del cielo.

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