La preghiera di Ombretta
Antonio Fogazzaro
(da "Piccolo mondo antico", Mondadori, Milano)
La piccina se n'andò con la sua
barchetta, nella camera dell'alcova, impettita e seria come se in quel
momento la salvezza della Valsolda dipendesse da lei. La preghiera, per
lei, era sempre una cosa solenne, era un contatto col mistero, che le
faceva prendere un'aria grave e attenta come certe storie d'incantesimi e
di magie. Ella salì sopra una sedia, disse le poche orazioni che sapeva,
e poi si atteggiò come vedeva atteggiarsi in chiesa le più devote del
paese, e si mise a muover le labbra com'esse, a dire una preghiera senza
parole. Colui che allora l'avrebbe veduta, conoscendo il terribil segreto
dell'ora imminente, avrebbe pensato che l'angelo della bambina fosse in
quel momento accanto a lei e le sussurrasse di pregare qualche altra cosa
che i vigneti e gli uliveti della Valsolda, per qualche altra cosa più a
lei vicina, ch'egli non diceva, ch'ella non sapeva e non poteva mettere in
parole: avrebbe pensato che negli inarticolati bisbigli di lei vi fosse un
riposto senso tenero e tragico, il docile abbandono d'un'anima dolce ai
consigli dell'angelo suo, al voler misterioso di Dio.
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