STORIE

versione Italiana versione Inglese

ITALIANO

Il Passero

Alfredo Panzini

(da "Piccole storie del mondo grande", Treves, Milano)

Mia mamma era solita ogni dì, dopo il pranzo accostarsi alla gabbia e dare qualcosina da mangiare al vecchio passero, il quale graziosamente la pigliava, e poi elle si ritirava nella sua stanza.
Così fece anche ieri; ma il passero, vedendo una faccia nuova, esitava ad accostarsi e torceva il collo e la testolina con quell'occhio luminoso come capocchia di nero spillo, per vedere chi ci fosse oltre la mamma.
- E' il tuo padrone, è il tuo padrone, vecchio passero!
Così ella disse e fece, e poi si appartò nella sua stanza, una stanza tiepida e senza rumore che dà su un orticello abbandonato; e il sole dalla finestra entra e fa risplendere i molti santi ed i cari profili dei ritratti di chi è lontano, oh, tanto lontano che non ci si può arrivare per quanto si viaggi e per terra e per mare; pure tutti un giorno ci arriveremo là lontano senza viaggiare. Forse ci rivedremo anche!.
Io rimasi solo presso la finestra , vicino alla gabbia del vecchio passero.
Io ebbi la voglia di rinnovare la antica conoscenza con lui "Diamine, eravamo vecchi amici!" Gli dicevo: "Vi ho raccolto per la via implume, signore mio! vi ho sottratto ai monelli che vi avrebbero ucciso, al gelo, alla fame; vi ho curato, allevato, nutrito! Pagate ora il debito di riconoscenza che avete col vostro signore e padrone. Vi ricordate quando facevate: ci ci! nel cortile luminoso, nove anni addietro, e mi saltavate su le spalle?".
Io misi la mano nello sportello, la mia grossa mano che riempie tutta la gabbietta, e le cinque dita violente afferrarono dopo breve contesa la piccola bestiolina, e me la accostai alle labbra.
Il cuore del passero batteva.
La mano provò una ben curiosa sensazione nello stringere una cosina così piccola e così fragile.
Se a pena le mie dita fossero ristrette di un mezzo centimetro, quegli ossicini che formavano quel piccolo scheletro si sarebbero frantumati e quel cuore si sarebbe improvvisamente arrestato: e nessuno mi avrebbe detto niente.
La perversa tentazione! Quel soffice involucro di penne invitava a premere fortemente, tanto per sentire dove incominciava la carne e come quel cuore avrebbe fatto a cessare. Perché quel cuore batteva con violenza; più forte del cuore dell'uomo, in quanto che esso era un movimento come aereo: come il pulsare di un'ala interna veloce.
"No, io non stringerò - pensai - io ti ridonerò la tua libertà. Povero animaluccio vissuto sempre lì su quella scala, senza avere imparato altro che a fare ci ci! Ormai, vecchio, giusta cosa è che tu goda di quello che solo godono gli abitatori dell'aria, finché l'uomo non li uccide: un po' di libertà!".
E pur tuttavia era una cosa che faceva pena, sentire come quel piccolo cuore battesse precipitosamente. Come può un piccolo muscolo pulsare così?
Quando noi, grossi animali voraci, mangiamo un arrosto di uccelletti, non ci avvediamo né meno di quel piccolo cuore: lo divoriamo assieme a tutto il resto.
Eppure è un piccolo cuore che batte così.!
Ho pensato a tutte le macchine che fanno gli uomini; le uniformi e multiformi macchine; le enormi e le minime.
Nessuna mi ricordava questo rumore meraviglioso. Egli è che questo è un  rumore vitale, e il meccanico forse si è chiamato Dio. Pulsava che pareva un anelito, così grande che penetrava sin dentro di me; così ripetuto  nel tempo che io credo fragoroso che io mi voltavo qualche volta con timore che la mamma sentisse e uscisse dalla stanza per isgridarmi. COme non scoppia, il piccolo involucro di penne?
Le due zampettine pendevano in giù, inerti, dal mio pugno.
Una era diritta, l'altra era quella rattrappita che aveva medicato io nove anni addietro.
- Ti ricordi, ingrato, quando io ti medicai? -
E col dito dell'altra mano toccai quella testolina soffice e piatta:
Il piccolo cuore batteva ormai spaventosamente.
- Va'! va'! - dissi va' anche tu, almeno tu libero!
Cerca la foresta dove vi sieno tutte le belve che nascono dalla terra e camminano su la terra, meno l'uomo. Cercati la compagna, fatti il nido. Va' sopra la foresta: scandi l'azzurro: impara a cantare!

***

Il sole cadeva ormai dietro gli squallidi tetti; la nenia delle campane, che chiamavano per il vespro, rompeva sola il tedio immobile di quella mia vecchia città melanconica.
- Va' libero! -
E lo lanciai con violenza in alto e apersi il pugno. Il passero descrisse una breve parabola, ma non dispiegò le ali verso l'azzurro lontano, non mandò alcun grido per salutare la acquistata libertà.
Cadde pesantemente sul selciato, come cosa che non,  ha più vita. Evidentemente, senza volerlo, io aveva stretto con troppo entusiasmo, e il piccolo cuore avea cessato di battere.

 

Menù dell'Argomento: FIABE

Inizio UnFrame

Inizio con Frames Home Scarica il testo

STAMPA ORA