C'era una volta, raccontano gli Abruzzesi, un povero vecchietto
che lavorava molto, ma viveva, con la moglie, nella più squallida miseria.
Un giorno, mentre lavorava sospirando e borbottando, gli si presentò un
maestoso signore dalla lunga barba bianca, che gli disse:
- Voglio aiutarti. Eccoti un bel dono! - e gli consegnò una borsa con
cento ducati d'oro.
Il contadino, tornato a casa, nascose il gruzzolo in mazzo al letame così
pensò, la sua fortuna era al sicuro.
Il giorno dopo andò a lavorare come sempre; quando tornò a casa, la sera,
trovò la tavola insolitamente imbandita.
- Come hai fatto? - chiese stupefatto alla moglie.
- Ho venduto il letame! - rispose la donna.
- Disgraziata! - gridò il marito fuori di sé per la collera - Hai dato
via cento ducati d'oro!
Il giorno dopo, il vecchietto, lavorando nel bosco, piangeva e sospirava più
del consueto.
Tornò il buon vecchio:
- Ho saputo che cosa t'è successo: eccoti altri cento ducati!
Il vecchio, questa volta, li nascose sotto la cenere senza dir niente alla sua
donna.
Ma volle il caso che la moglie vendesse la cenere.
Tornò lo sconosciuto:
- Stavolta non ti do più denaro - disse lo sconosciuto e gli consegnò,
un sacchetto contenente uno strano dono: ventiquattro rane.
Il vecchietto le barattò con un gran pesce: la sera, perché stesse fresco, lo
appese fuori dalla finestra. S'accorse con stupore che emanava una vivissima
luce.
Di notte ci fu burrasca. I pescatori, smarriti nel buio, scorsero la luce del
pesce e si orientarono; così furono salvi. Riconoscenti portarono al vecchio
metà del ricavato della loro pesca.
Da allora il pesce lucente rimase al suo posto, come un primitivo faro. E il
vecchietto, coi doni dei pescatori suoi amici, non seppe più che cosa volesse
dire la miseria e la fame.
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